Un insolito anello sulle creste di San Gregorio a Paganica e Scindarella

... accoppiando la bici al trekking...

Un bel progetto targato Aria Sottile, l’attraversamento del Sirente da Sud a Nord per tutta la sua cresta si è arenato per la mancata adesione dei più. L’accorata richiesta di Luca per rimandare l’impegno a cui teneva particolarmente ha fatto il resto e con Giorgio mi sono trovato in poche ore a decidere sul da fasi per improvvisare una nuova uscita. E’ bastato rispolverare un antico progetto ideato da Giorgio, un progetto sempre in auge ma per un motivo o l’altro mai stato attuato. L’attraversamento della cresta che dal bivio di Sant’Egidio tocca Monte San Gregorio a Paganica e la Scindarella fino all’albergo di Campo Imperatore e da li, in bicicletta preventivamente lasciata la mattina, scendere fino alla macchina. A Roma alle cinque della mattina un cielo stellato lasciava sperare in una giornata di bel tempo. Ci contavamo oltre che sperarlo per poter godere fino in fondo dei punti di osservazione sull’intera catena del Gran Sasso che il percorso ideato poteva regalarci. Eravamo carichi per la novità delle biciclette come accoppiata al treking e avevamo dimenticato le tante sorprese che il versante est ci aveva riservato in tante occasioni. Imbocchiamo il tunnel di San Rocco sull’autostrada lasciando un Velino spoglio di neve stagliarsi in un cielo turchese ancora chiaro di un alba insorgente, per ritrovarci, all’uscita qualche chilometro più in là, con una prospettiva diametralmente opposta. Dense e scure nuvole non permettevano di scrutare orizzonti e le creste boscose intorno a noi. La conca dell’Aquila era plumbea foriera solo di pioggia. I nostri sogni di vasti panorami si andavano a perdere i quei toni di grigio che erano l’unico motivo imperante dell’orizzonte. Dovevamo riprenderci. Non avevamo affatto rimosso il progetto ma ci vedevamo già persi nelle nebbie autunnali. E’ una cresta ci siamo detti. Non c’è possibilità di perdersi. Andiamo lo stesso, a Roma non si torna. Su per i tornanti verso Campo Imperatore i toni di grigio erano sempre gli stessi, e con i chilometri che passavano anche le nostre speranze andavano svanendo. Eravamo giunti quasi al bivio si Sant’Egidio quando in poche curve il mondo intorno a noi ha cambiato aspetto; le nuvole si sfilacciavano, toni di rosa nel cielo prendevano il posto del grigio. E poi l’azzurro accecante. Eravamo sopra le nuvole, in poco più di un attimo le speranze svanite lasciavano il posto alla certezza di una giornata meravigliosa. Filavamo veloci e con l’entusiasmo alle stelle verso i 2100 metri di Campo Imperatore dove avremmo lasciato le biciclette e poi giù di nuovo verso il bivio di sant’Egidio dovre avremmo lasciato l’auto per dare inizio alla sgroppata. Erano le 7 e 40 quando ci incamminavamo sulle gobbe erbose del San Gregorio a Paganica. Più ci alzavamo e più quelle nuvole sotto di noi prendevano la consistenza di un mare agitato. Lontano la Maiella sembrava spuntare come uno scoglio isolato. La salita se non fosse per le creste prospicenti del Prena e del Brancastello sarebbe una monotona avanzata verso la cima. Ma questa banale montagna , piano piano mentre guadagna il cielo ti porta al centro di un mondo fantastico. L’ultima gobba prima della tonda vetta ti spalanca lo sguardo verso il Corno Grande. Improvvisamente il tutto di quell’unico mondo viene racchiuso in uno sguardo. Per trecentosessanta gradi è unicità, è immenso, è lo spettacolo della montaga che si fa tuo. Verso sud e verso ovest il mare di nuvole lattiginoso fa emergere solo le catene della Maiella, del Sirente e del Velino, più a Nord il Termillo è fuori dalle nuvole. Più vicino, davanti a noi le creste e le cime dal Cefalone a al Camicia sembrano poter essere raggiunte con un abbraccio. E’ emozionante tutto quell’unico e bello che abbiamo intorno. Ci fermiamo per qualche minuto in silenzio, i pensieri si accavallano. I secondi sono eterni, il tempo sembra essersi fermato e così vorremmo davvero tanto non ci viene voglia di lasciare mai quella gobba e quel momento. Ci riprendiamo dall’emozione e torniamo sui nostri passi. La cima del San Gregorio a Paganica è ormai a quindici soli minuti di cammino. Ci arriviamo alle 9 e 10. Il tempo di poche foto anche perché il vento si è fatto più sottile e gelido e riprendiamo la marcia ormai in cresta al gruppo. L’arco di cresta è ormai evidente davanti a noi, pochi dislivelli a salire ci porteranno alla Scindarella. Sotto le conche moreniche si susseguono quasi fino a Campo Imperatore mentre lo sguardo si impadronisce di tutto il piano fino alle pendici del Portella. Continuiamo un po’ a mezza costa per proteggerci dal vento, il mare di nuvole sotto di noi porta lo sguardo verso quel continente vicino che è il gruppo intero del Velino; qualche puntata per studiare i tratti di cresta a precipizio sul fondovalle e il sentiero scivola velocemente verso la Scindarella che raggiungiamo alle 10 e 10. Ormai abituati ma mai assuefatti del panorama intorno a noi festeggiamo la conquista e dopo le solite foto riprendiamo la parte concusiva del percorso. Qualche deviazione sui picchi senza nome e solo quote sulle carte, ma che permettono uno sguardo verso il versante ovest davvero a precipizio con i suoi 1000 e più metri di baratro, ci portano a vagabondare per un po’ sull’altopiano. L’albergo di Campo Imperatore si avvicina inesorabilmente e velocemente ma questa volta non rappresenta la fine dell’escursione. Ci attendono le biciclette. Ci arriviamo intorno alle 11 e 45. Le operazioni di montaggio delle bici, la pesante catena che le assicurava al recinto dell’albergo, le ruote da rimontare e rimetterci in sensto per affrontare la discesa. Tolgo i pesanti scarponi che vengono sostituite da più agili scarpe ginniche ed infilo questi e la catena che assicurava le bici dentro lo zaino. Le mie spalle accusano il colpo al peso aumentato; il pensiero va alla bici che dovrà sopportare me e tutto il peso dello zaino per i prossimi 9 km. Siamo euforici per questo momento così diverso e tanto atteso. Scegliamo un’inquadratura col signore delle montagne, il Corno Grande, alle nostre spalle per immortalarci in sella alle bici e siamo ad affrontare i primi tornanti in discesa. E’ un solo lavoro di freni per domare la velocità che si tende a prendere; uno, due tornanti veloci e la confidenza col mezzo e soprattutto col peso sulle spalle che tende a sbilanciare la posizione è presa. E’ un momento nuovo, una conclusione diversa delle nostre avventure. Divertente. Ci filmiamo e ci fotografiamo dandoci il cambio in testa alla discesa, ci entusiasmiamo come due bambini. Si acquista velocità, si guardano le montagne scorrerti a fianco come mai ti è capitato. Mezz’ora, solo mezz’ora per coprire i 9 km di discesa interminabile. E’ solo felicità quella che sto provando. Per un gesto semplice e vero, per un cielo blu ed un sole ancora caldo, per le montagne che mi stanno intorno, per i sorrisi che sto condividendo con un amico, per i pensieri che si sono fatti mano a mano più leggeri e piacevoli. Rimangono le nostalgie, quelle solite per non aver potuto condividere tutto ciò che ho vissuto con le persone che amo. Gli ultimi 300 metri per raggiungere l’auto sono gli unici in leggera salita. Occorre pedalare, lentamente come a stiracchiare la giornata che si va concludendo.